giovedì 12 aprile 2007

Dark Tranquillity - Uno sguardo al passato, prima parte

In attesa dell’imminente uscita del nuovo album dei melodic death gods Dark Tranquillity, Fiction (ancora otto lunghi, polverosi giorni ci separano dal 20 Aprile), che ci mostrerà se la band svedese ha continuato a posizionarsi sulle coordinate dei dischi fotocopia Damage Done-Character, o se si è aperta a benvolute innovazioni, ho preparato una breve carrellata, divisa in due parti, dei loro lavori precedenti (mi soffermo sugli album, tralasciando i vari EP dati in pasto al grande pubblico).


Skydancer (1993 – Spinefarm)
Tempi velocissimi, cascate di melodie e riff armonici, suonati con una perizia degna del più complesso combo progressive, e poi ancora controtempi, cambi di ritmo, strutture impazzite, contorte, lunghe e complesse.
L’esordio dei Dark Tranquillity fa sua la lezione di velocità intransigente del death svedese (le schegge degli At The Gates in prima fila), genere che la band contribuirà a plasmare attraverso la propria musica (assieme agli stessi At The Gates, In Flames e, successivamente, in prossimità di una sterzata commerciale di una certa scena estrema, anche ai Soilwork), accostandolo a una visione progressiva e cerebrale della musica che li che porta a creare canzoni tortuose e complicate.
Nonostante un buon respiro e la freschezza generata (Nightfal by the shore of timel, A bolt of blazing gold, Shadow duet), si denota però una voglia di strafare che, a tratti, rende i brani così intricati che non lasciano il segno nemmeno dopo svariati ascolti.
C’è solo bisogno di maturità e di maggiore coesione strumentale, qualità che arriveranno di lì a poco.
Curiosità: alle vocals strozzate appare Anders Friden, oggi rasta-frontman dei cugini In Flames, mentre Mikael Stanne all’epoca era proprio il cantante dei parenti svedesi.


The Gallery (1995 – Osmose)
Album simbolo di un’intera scena musicale, nonché esempio e punto di partenza per eserciti inferociti di deathsters scandinavi e non solo. L’atmosfera che si respira è simile a quella del predecessore Skydancer, ma ora i brani sono più ragionati e hanno un loro filo conduttore, nonostante non sia stato sacrificato niente in termini di complessità strutturale.
Punish my heaven e The dividing line sono modelli di killer song, che fanno convivere al loro interno, con rara maestria, melodie fantasiose, morbidi arpeggi e drumming tentacolare. The Gallery e Lethe mostrano invece il lato più romantico e malinconico degli svedesi, ricche come sono di lunghe parti arpeggiate dal sapore triste e nostalgico.
Ineccepibile la qualità strumentale del gruppo, che dà un grandissimo spazio al suono del basso, di solito posto nelle retrovie, ma qui valorizzato da linee melodiche creative e che ben seguono le intricate evoluzioni chitarristiche.
Stanne, alle vocals, è capace di variare con abilità il suo ringhio mefistofelico, rendendolo vivo e ricco di diverse sfumature sentimentali.
I Dark Tranquillity lasciano il segno. Una pietra miliare nella storia della musica, e una classe compositiva che, purtroppo, non saranno mai più in grado di raggiungere.


The Mind’s Eye (1997 – Osmose)
Accantonate per certi versi le melodie dei precedenti album, in favore di una maggiore incisività e durezza del sound, i Dark Tranquillity ritornano sulle scene con un disco veloce e martellante, più lineare e diretto, figlio di un’idea musicale ora più vicina al thrash che al prog.
Prendono così vita canzoni splendide (Dreamlore Degenerate; Hedow; Scythe, Rage and Roses), che fanno della rapidità d’esecuzione e di un riffing serratissimo il loro punto di forza, tenendo comunque sempre presente un’atmosfera melodica, che fa parte del DNA del gruppo. Questi buoni esempi sono affiancati però da altri brani di minor qualità, affossati da ritmiche a volte troppe complesse e ingarbugliate, e non più costruite così elegantemente come in passato, che fanno perdere parecchio in termini di genuinità.
Si tratta sicuramente di album di buon livello, che dimostra la continua voglia evoluzionistica della band, ma ci troviamo in prossimità di un mutamento vero e proprio che inizierà soltanto con il successivo Projector.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Diavoli dell'Inferno, vai così veloce che non riesco a starti dietro... mi sembrano tutti album interessanti, prima o poi me li procurerò, in un modo o nell'altro (gh...)


Saluti,
Roland

Simone Corà ha detto...

Ma non ne hai nenanche uno?
Sei pazzo?