domenica 15 aprile 2007

Dark Tranquillity - Uno sguardo al passato, seconda parte

Projector (1999 – Century Media)
Passaggio di etichetta e innesto di un nuovo membro, il tastierista Martin Brändström, electro-man estraneo alla scena metal (Martin Henriksson, inoltre, è stato rimpiazzato al basso da Micheal Niklasson dopo essere passato dal quattro corde alle chitarre per la defezione di Fredrik Johansson).
Il sound forgiato dal sestetto fresco fresco di formazione è ora più lineare e diretto, dalle tinte dark, figlio di un buon equilibrio tra mid tempos d’effetto e tappeti d’elettronica che creano scenari inusuali per l’universo darktranquillitiano. Esclusione totale quindi di blast beats, doppie casse e costruzioni complesse e arzigolate, il tutto in favore di una maggiore ricerca della forma canzone, e, forse, di un progetto atto a svecchiare e rendere più moderna la propria proposta musicale. Anche il growl di Stanne viene ora spesso accompagnato da splendide parte vocali pulite, sintomo di una voglia di provare a cambiare direzione.
Ne escono canzoni sicuramente straordinarie (Freecard, Therein, l’electro-ballad Day to end), ma si sente il bisogno di un rodaggio più forte e sicuro, che possa permettere alla band svedese di incanalarsi in una nuova via melodica da seguire.


Haven (2000 – Century Media)
Trovato un buon gioco tra le schitarrate vagamente moderne e le tastiere futuristiche, i Dark Tranquillity correggono i difetti di Projector, abbreviando i pezzi (solo la conclusiva At loss for words supera i cinque minuti) e rendendoli più semplici, immediati e aggressivi (Feast of Burden, Indifferent suns), non disdegnando comunque refrain accattivanti che catturano subito l’ascoltatore (la trascinante The wonders at your feet).
Un’ottima prova, dove l’elettronica gioca sì un ruolo primario nel sound della band, ma è ora implementata con maggiore capacità, grazie a una parte strumentale strettamente metallica più ispirata e meno tentennante.


Damage Done (2002 – Century Media)
Finalmente i Dark Tranquillity appaiono sicuri e decisi sulla direzione da prendere: riff di stampo thrash, vitaminizzato da pepatissime iniezioni melodiche, velocità martellante, ritorno di prepotenza del growl come unico stile vocale, e piacevoli ricami elettronici in sottofondo, il tutto intervallato da distensivi arpeggi che smorzano il caos, per dare vita a brani brevi e violenti, che sanno colpire e lasciare il segno, alternati a mid tempo melodici e accattivanti, fatti apposta per stamparsi in testa.
Final resistance, Monochromatic stains, The treason wall sono i superlativi manifesti del nuovo corso della band svedese, grazie ai loro riff trascinanti, che segneranno una generazione (e soprattutto una precisa scena musicale, che verrà presto affossata da miriadi di gruppi clone).
Fondamentale.


Character (2005 – Century Media)
Trovata la vena d’oro e il successo planetario, i Dark Tranquillity decidono di non rischiare troppo, dando in pasto al pubblico un Damage Done – parte seconda, che potrà accontentare i nuovi fans acquisiti, ma che sicuramente colpisce al cuore per il mancato gradino evolutivo che ha sempre accompagnato la band svedese a ogni sua release.
Non un disco non riuscito, sia chiaro, al suo interno convivono splendidi pezzi (The new build, Lost to apathy, My negation), ma ogni riff, ogni melodia, ogni linea vocale deriva dal disco che lo ha preceduto, lasciando così, nonostante una ritrovata vena strutturalmente più arzigolata, un vago sentore di malessere. I Dark Tranquillity copiano se stessi, e questo non può che far male.
E così si arriva a noi, e a quel Fiction che a giorni solcherà gli scaffali di tutto il mondo (a parte quelli virtuali, dove surfers senz’anima arraffano anche le briciole). Non mi resta che rimandarvi alla recensione, che a breve farà il suo arrivo nel bunker.

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